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WiMax, frequenze libere o assegnate? - Libero, ma non migliore

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Com'è noto, le frequenze destinate al WiFi sono libere e libere si vorrebbero anche le frequenze destinate al WiMax. Tuttavia, in questi due anni si è assistito ad una realtà ben diversa da quella propugnata dai fautori della libertà totale nell'uso dello spettro. Al di là degli utilizzi privati, infatti, il WiFi ha assunto sempre più i connotati del "WiFi pubblico", ovvero di un servizio "sponsorizzato" dalle pubbliche amministrazioni decise ad eliminare il fenomeno del digital divide.

 

Le iniziali intenzioni, dunque, lodevoli nei loro presupposti e forme, si sono tuttavia presto trasformate in un "mare magnum" senza alcuna regola. In diverse regioni italiane si è assistito al proliferare di società nate dal nulla e senza alcun progetto sostanziale, a volte solo perché l'Amministrazione locale disponeva di capitale da investire. In altri casi, società miste pubblico-private o ex municipalizzate ovvero società pubbliche multiutilities, semplici Comuni o Associazioni di Enti Locali, si sono lanciate con entusiasmo (ed utilizzando tutto il loro potere) nel mercato del wireless, escludendo in maniera netta le giovani o meno giovani realtà imprenditoriali locali.

Ed ancora, in altri casi, è stato utilizzato il concetto di "rete civica" al fine di celare in realtà un meccanismo di business da finanziare in maniera surrettizia con i contributi dei cittadini imposti per la fornitura di "servizi aggiuntivi".

Altre volte poi, piccoli e medi provider sono venuti quasi alle mani pur di accaparrarsi una fetta del mercato locale; sono arrivati ad attuare strategie idonee ad ostacolare l'ingresso di nuovi concorrenti sul territorio, impedendo di fatto l'accesso agli apparati o l'interconnessione alle reti, lamentando ad esempio che, a causa del "rumore" determinato dall'uso delle frequenze da parte dei concorrenti, la fornitura del servizio non potesse essere attuata a certe condizioni economiche.

Da ultimo, si ricorda che in alcuni casi le grandi società di informatica e di telecomunicazioni hanno fatto valere tutti i loro buoni uffici presso le amministrazioni locali, le quali, un po' per ignoranza, un po' per ragioni di quieto vivere, hanno lasciato fare ed hanno effettivamente destinato soldi pubblici per progetti non adeguatamente ponderati e trasparenti.Tutto questo ha, fra l'altro, aumentato in maniera impressionante il tasso di litigiosità tra gli operatori e tra questi e le pubbliche amministrazioni, con un aumento esponenziale dei ricorsi in tribunale.

Questo scenario suggerisce due interpretazioni:

1) la prima è che le frequenze, a prescindere da un utilizzo idealmente libero, hanno importanti riflessi economici che non sarebbe realistico cercare di nascondere;
2) la seconda è che l'assenza di paletti posti a presidio di una corretta esplicazione della libertà di iniziativa economica nel mercato delle telecomunicazioni, rischia di creare un caos tecnico-giuridico ed economico di dimensioni tali da vanificare l'effetto che tutti noi speriamo sia superato presto, ovvero l'eliminazione del digital divide.

Ciò non toglie, naturalmente, che alcuni principi relativi all'uso privato e quindi alla non assegnazione delle frequenze possano comunque trovare applicazione.

Il concetto di "frequenza libera" potrebbe ad esempio essere utilizzato al fine di evitare i conflitti tra gli assegnatari, per quanto concerne la porzione di frequenze utili alle cosiddette bande di guardia. In sostanza, le frequenze libere potrebbero essere lasciate (in proporzione infinitesimale) in corrispondenza dei punti di interferenza tra reti (anche se nel caso di frequenze radio è estremamente difficile stabilire tali zone) al fine precipuo di evitare possibili strumenti di conflitto, analogamente a ciò che avviene nel caso in cui due proprietari lascino una "zona neutra" fra i propri fondi al fine di prevenire possibili conflitti.

Come eliminare il digital divide attraverso il WiMax
Il WiMax può tuttavia rappresentare un'importante risposta alle istanze di eliminazione del digital divide.
Credo che sia molto interessante, ad esempio, l'idea di consentire allo Stato, nel momento dell'assegnazione di radiofrequenze, di porre in capo ai soggetti assegnatari l'obbligo di destinare una percentuale delle frequenze stesse a zone afflitte dal cosiddetto Digital Divide. E, si badi bene, un obbligo consistente niente affatto nel lasciare una quota dello spettro "libera" ma, al contrario, nel costringere l'assegnatario stesso ad attivarsi positivamente per eliminare il divario digitale.

A mio giudizio, questa strada è estremamente praticabile grazie anche ad un nuovo strumento legislativo di matrice europea che conferisce allo Stato la possibilità di scegliere il soggetto cui assegnare determinate risorse pubbliche - in deroga alle consuete valutazioni di tipo economico condotte al momento dell'assegnazione degli appalti pubblici - a chi presenti il piano maggiormente compatibile con le esigenze sociali od ambientali di quel territorio, obbligandolo, in fase di esecuzione dell'accordo, a coprire effettivamente quella zona, pena la risoluzione del contratto stipulato con eventuale attribuzione della quota di spettro a chi sia effettivamente in grado di coprire la zona digital-divisa.

Questa scelta può essere esplicitata sia nel bando di gara, che attuata nel corso dell'esecuzione del contratto ed è prevista dal nuovo Codice degli Appalti.

Concretamente, lo Stato può assegnare le frequenze tenendo in considerazione non tanto gli aspetti economici ed i relativi introiti che possono derivare dalle concessioni delle radiofrequenze, quanto i profili di miglioramento che i progetti presentati dagli operatori sono idonei ad apportare alle popolazioni di quel territorio. In tal modo, lo Stato potrebbe obbligare i potenziali assegnatari, scelti su base locale o nazionale, ad indicare già all'interno del progetto le zone del territorio locale che necessitano di un'effettiva copertura.

Questa soluzione sarebbe inoltre idonea ad evitare che l'operatore o gli operatori dominanti evitino di comprare le licenze solo per "uccidere nella culla" il WiMax al fine di proteggere, ad esempio, gli investimenti effettuati nella telefonia mobile o per perpetrare le condizioni di dominanza.

 

Fonte Notizia: punto-informatico 

 

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